Annotazione Notissima, e molto celebre è la Pietra Amianto, detta ancora Asbeste, o Lino Asbestino, per la forza di resistere a qualunque violenza di fuoco senza consumarsi, né risolversi, e per l’uso, che anticamente se ne faceva, di filarla nella maniera stessa del Lino commune, e tesserne le tele, quali si purgavano dalle immondizie col gettarle nel fuoco, restando in tal guisa così pulite come se si fossero lavate con l’acqua. Nelle vesti formate da queste tele s’involgevano i Cadaveri de’ Re, e de’ gran Personaggi, acciocchè bruciati dentro a un tale invoglio, restassero pure le ceneri di esse, senza mescolanza d’altre materie eterogenee. Il colore di questa Pietra è bianco, o cenerino, o ceruleo, o verdastro, o bigio, o ferrigno. Nella sua struttura è molto simile all’Allume piumoso, per essere scissile, e filamentoso; si distingue però da esso, prima per il sapore, che nell’Allume è astringente, ma l’Amianto punge la lingua, e fregato esternamente alla cute, sveglia un bruciore a guisa dell’ortica; in secondo luogo l’Amianto posto nell’acqua va al fondo, e l’Allume galleggia, e per terzo l’Allume piumoso gettato nel fuoco si liquefà, e rigonfia, al contrario l’Amianto né si brucia, né si risolve. In quanto all’arcano di filare questa Pietra, e tesserne le tele, si riduce alla separazione della parte filamentosa dalla terrestre, e più impura, mostrando l’osservazione, che quando questi fili sono uniti, e mescolati con le parti terrestri, riescono duri, e ruvidi, ma separati da essa divengono morbidi, e pieghevoli. L’artifizio di questa separazione, si pretende, che consista in quell’istesso, con cui si prepara, e si lavora il Lino volgare, che è di tenere l’Amianto a macerare per qualche tempo nell’acqua tiepida, o in’altro menstruo proprorzionato; quindi si maneggiano, e si slargano, e si separano i fili, tanto che cada una certa terra, che li tramezza, e l’acqua divenga gialla. Separata la terra, si lavano diligentemente le fila, si fanno asciugare, e poi si cardano a guisa della Lana, e per ultimo si filano con un filo di Lino commune, bagnando le dita con olio, acciò divenga il filo più pieghevole, e le dita non risentino il bruciore, che reca l’Amianto. Questi fili si fanno tessere a guisa delle tele ordinarie, e poi la tela si getta nel fuoco, acciocchè bruciato il Lino, resti questa di puro Amianto. Riescono però ordinariamente queste tele molto grosse, conforme si vede in varj pezzetti di esse, e nelle fila, e nelle trine, che si conservano ne’ Musei. Come che poi sono varie le specie degli Amianti secondo la varietà de’ luoghi, ne’ quali nascono, da ciò deriva, che alcuni sono più, ed altri meno capaci ad essere filati. Quelli, che hanno i fili più lunghi, e più sottili, riescono più a proposito per questo lavoro. L’Amianto, che nasce nell’Isola di Cipro si stima molto per la morbidezza, e sottigliezza de’ fili, quello di Corsica poi si valuta per ragione della lunghezza di essi. Se ne fabbrica ancora la Carta, quasi nella stessa maniera, con cui si lavora la Carta ordinaria. |