I preparati
anatomici che si conservano a Siena sono tutti pezzi disseccati
nei quali è stata praticata l'iniezione con mercurio metallico
dei vasi linfatici.
Si tratta di un numero di preparazioni limitato, se si considera
l'eccezionale mole di lavoro sviluppata dal Mascagni
nel corso della sua vita di studioso e di ricercatore, e il fatto
che - sia per il costume scientifico dell'epoca, quanto per l'oggetto
al quale Mascagni
ha dedicato le sue ricerche - l'esecuzione di preparazioni destinate
a essere conservate era la regola. Di tutte, quelle ritenute migliori,
per i risultati ottenuti e per efficacia dimostrativa, venivano
infatti riunite nelle raccolte museali, con finalità sostanzialmente
didattiche.
Ovviamente, la scelta del metodo di conservazione di questi pezzi
anatomici dipendeva dalla natura del materiale. Degli organi interni,
quelli solidi di consistenza carnosa, dopo un primo processo di
fissazione in toto, venivano immersi in liquidi conservativi
che tuttavia non ne garantivano il mantenimento che per tempi
limitati: soprattutto per l'alta deperibilità dei tessuti,
ma anche, per molti di essi - specie per quelli che erano stati
sottoposti a trattamenti particolari - per la progressiva perdita
della loro dimostratività.
Più facile invece, e con validità di lunghissimo
periodo, la conservazione di preparazioni che si prestavano per
la loro natura a essere disseccate. Era da scontare, in questo
caso, un marcato scadimento delle parti molli (come le masse muscolari)
che, perdendo la succosità del fresco, si riducono fortemente
di volume con scomparsa, a prima vista quasi totale, delle loro
normali dimensioni e morfologia. Praticamente indefinita invece,
e senza alterazioni rilevanti, la conservabilità delle
strutture dure e di quelle membranose (come anche i visceri cavi).
Si spiega così come a noi non sia pervenuto alcun pezzo
dei moltissimi che furono preparati all'epoca di Mascagni
sui visceri - e conservati in "spirito di vino" entro
"vasi di terra" o in "vasi di vetro" - e nei
quali i suoi studi sui linfatici avevano portato proprio la maggior
parte dei risultati nuovi.
Ma anche la conservazione delle preparazioni disseccate è
certamente passata attraverso non pochi inconvenienti. Il costante
maneggiamento, per gli usi didattici, delle preparazioni delle
raccolte museali - che si è mantenuto abituale e giornaliero
fino ai primi decenni del nostro secolo - ha portato verosimilmente
alla distruzione di gran parte di questo materiale e fors'anche
di molti dei pezzi migliori.
Così si spiega la discrepanza che esiste tra il numero
delle preparazioni disseccate che lo stesso Mascagni
elenca e minutamente descrive nel "Catalogo" posto in
calce alla sezione sesta della sua Istoria dei Vasi Linfatici,
e da lui destinate a rimanere presso la Scuola Anatomica Senese
- appena 23 -, contro il numero, molto maggiore, di quelle attualmente
esistenti. Evidentemente Mascagni
- che è rimasto a Siena ancora per tredici anni dopo la
pubblicazione dell'Istoria - ha continuato a eseguire
insieme ai suoi allievi (certo anch'essi in possesso di una manualità
più che collaudata), altri numerosi preparati con la tecnica
ormai abituale dell'iniezione dei linfatici con mercurio metallico.
E questo, molto probabilmente, tanto per l'esigenza di un continuo
rinnovamento del materiale deteriorato dal costante uso didattico,
quanto per l'opportunità di escludere dal maneggiamento
giornaliero i pezzi migliori della collezione al fine di non impoverirla.
Ed è anche verosimile che nel tempo, dei pezzi di nuova
esecuzione, quelli meglio riusciti siano stati via via aggiunti
alla collezione esistente, per arricchire la documentazione. Tanto
più che la dimostrazione completa dei vasi linfatici di
un determinato distretto richiede di norma - è lo stesso
Mascagni che lo afferma - l'esecuzione di molte e ripetute iniezioni
parziali. E ciò spiega anche la ripetitività dei
pezzi della collezione, che sono in gran parte arti inferiori
e superiori, intieri o variamente ridotti e trattati.
Non si è ritrovata alcuna schedatura di queste preparazioni
anatomiche, anche se esiste la certezza che, almeno in due occasioni
abbastanza recenti, ne sia stata compiuta la ricognizione.
La prima è del giugno del 1924, in quanto è in tale
data che il professor Rutilio Staderini, direttore dell'Istituto
di Anatomia Umana Normale che allora deteneva i cimeli mascagnani,
comunica all'autorità accademica la consistenza delle collezioni
dei preparati anatomici e delle tavole della Grande Anatomia.
L'elencazione tanto dei preparati quanto delle tavole è
tuttavia sommaria e imprecisa, e pertanto priva di qualsiasi indicazione
ai fini identificativi.
La seconda occasione, di poco posteriore, è del 1932 ed
è dovuta a Federico
Allodi, aiuto volontario dell'Istituto anatomico senese dal
'32 al '39, prima con lo Staderini e dopo con Fausto Sestini e
con Castone Lambertini. L'Allodi
è autore di numerosi studi e memorie su Paolo Mascagni
e, in particolare, di ricerche sui vasi linfatici del cuore e
di indagini radiologiche sui preparati iniettati col mercurio.
In quest'occasione l'Allodi
ha certamente proceduto a una schedatura dei preparati (ne sono
prova alcuni cartellini di numerazione che portano il suo nome
e che ancora oggi si rinvengono applicati su taluni pezzi). Non
si è trovata notizia neanche di questa classificazione,
che certo fu frutto di un'accurata ricognizione almeno parziale,
come dimostra la dettagliata descrizione che l'Allodi
fornisce dei preparati da lui sottoposti all'indagine radiografica.
Comunque, il riferimento che in questo studio l'Allodi
fa, per ciascuno dei pezzi descritti ed esaminati, alle figure
del Vasorum lymphaticorum, non è da intendere
come l'identificazione del pezzo con una corrispondente figura
dell'opera: le tavole che Ciro Santi ha disegnato direttamente
dalle preparazioni eseguite sul cadavere, sono infatti sempre
comprensive di territori assai estesi, e pertanto mai idenrifìcabili
con una singola preparazione anatomica.
Scrive Federico
Allodi (1932) all'inizio della sua memoria Ricerche radiografiche
sui preparati di Paolo Mascagni:
[...] I preparati del
Mascagni vanno lentamente deperendo per varii motivi e fra gli
altri per quella stessa tecnica che li rese un tempo così
mirabilmente dimostrativi: il mercurio tende per il suo peso a
sfiancare in primo tempo le sottili pareti vasali ed a deformarle:
lo stato di secchezza in seguito, rende i vasi fragili ed esposti
con facilità a rompersi. L'azione del tarlo e di altri
elementi deleteri hanno dato come risultato che accanto a sottili
travate contenenti ancora il metallo, se ne trovano altre rilevate
sui piani cutanei, ma vuote e trasparenti ai raggi X. Il destino
di ciò che forma, nei pezzi suddetti la testimonianza per
così dire vivente, dell'opera del grande Anatomico, è
segnato [...]. Esaminando le preparazioni si nota come, sia pure
fra quelle meglio conservate, non è più visibile
ad occhio nudo la parte iniettata o solamente in alcuni punti
in quanto la patina del tempo e le vernici conservative hanno
tolto la possibilità di seguire i sottili cordoncini ripieni
del metallo, e che di solito appaiono così ben evidenti
nel fresco.
A distanza di oltre un sessantennio da quella ricognizione dei
preparati mascagnani eseguita dall'Allodi, poco resta da aggiungere
alla sua descrizione. Se non che, col trascorrere del tempo, i
già lamentati fattori di deperimento, qualche maneggiamento
poco accorto intervenuto negli spostamenti che i pezzi hanno subito,
trattamenti non sempre appropriati anche per l'impossibilità
di disporre di personale tecnico professionalmente formato per
la conservazione di siffatto materiale, minacciano davvero di
condurre alla definitiva distruzione di questi cimeli.
Si sta attualmente procedendo alla ricognizione, identificazione
e schedatura di tutto il materiale posseduto e a un minuzioso
controllo dello stato di conservazione, di eventuali danneggiamenti
e delle condizioni di validità dimostrativa dei singoli
pezzi al fine di predisporre un circostanziato piano di recupero.
L'opera di restauro da poco iniziata mostra di ottenere un netto
miglioramento delle condizioni di difficile leggibilità
di questi preparati che l'Allodi lamentava. La delicata rimozione
di più strati sovrammessi di vernice, pur senza giungere
allo scoprimento completo della patina protettiva più profonda,
per non rischiare di danneggiare l'esile trama dei vasi iniettati,
porta a schiarire notevolmente i pezzi, con il risultato, oltreché
di un effetto estetico rimarchevole, anche di una più agevole
lettura dei dettagli. Vi sono dunque fondate speranze di poter
restituire, almeno ai pezzi migliori, una significativa efficacia
dimostrativa.
Dai pezzi meglio conservati e nei quali il risultato dell'iniezione
è apparso, a una ispezione accurata, meglio riuscito, si
sono ottenute immagini radiografìche delle quali si presentano,
accanto ai preparati restaurati, alcuni saggi che meritano qualche
commento.
Nei radiogrammi, il disegno dei vasi linfatici iniettati col mercurio
rivela discontinuità e stravasi da attribuire, almeno in
parte, alle caratteristiche stesse della massa iniettata. Infatti
l'esile colonna di mercurio all'interno del lume vasale tende
anche naturalmente a frantumarsi e ad addensarsi per le elevate
mobilità e densità e per la notevole pesantezza
del metallo. Ovviamente, rotture minime verificatesi nel tempo
nel preparato disseccato e per le cause le più varie, possono
senza dubbio aver accentuato il fenomeno. Va detto tuttavia che
la rottura della parete vasale nel preparato disseccato porta
per lo più, per la particolare natura della massa iniettata
e per la totale mancanza di elasticità dei tessuti, alla
perdita di quantità non indifferenti del metallo che proprio
per la sua notevole mobilità, si spande tutto attorno in
forma di minute goccioline, come dimostrano le immagini radiografìche
ottenute da alcune preparazioni, specie di dotto toracico, purtroppo
irrimediabilmente danneggiate. È quindi la brusca interruzione
e la scomparsa del disegno vasale che dovrebbe corrispondere,
sul radiogramma, alla rottura del vaso e alla conseguente fuoriuscita
del mercurio. Mentre imperfezioni e discontinuità nelle
immagini dei vasi iniettati - che per lo più sono del tutto
inapparenti all'ispezione accurata del pezzo - sembrano piuttosto
doversi attribuire alla particolare natura della massa iniettata.
L'esplorazione dei preparati con questa metodica consente di apprezzare
in alcuni casi, nel dettaglio e con ineguagliabile incisività,
particolari morfologici di grande finezza, come per esempio le
modalità di approdo dei collettori linfatici alle maggiori
stazioni linfonodali. E questo proprio per l'immutabile e perfetta
opacità della massa che favorisce la lettura sui radiogrammi
anche delle disposizioni più minute, come le diramazioni
vasali più fini; a differenza delle comuni masse da iniezione
non naturalmente radiopache e variamente opacizzate. Ove si consideri
dunque la particolare tecnica adoperata e l'epoca di esecuzione
di queste preparazioni anatomiche, anche le immagini che si ottengono
nei radiogrammi appaiono di straordinaria dimostratività
e, per alcuni particolari, di qualità eccezionale.
Una speciale attenzione va poi riservata ad alcuni preparati,
per l'esecuzione dei quali si è proceduto a trattamenti
o ad artifìci poco consueti e di particolare delicatezza,
che pertanto li rendono ancora più pregevoli e rari. Si
tratta di arti, superiori e inferiori, che sono stati preparati
con tecniche evidentemente scelte allo scopo di ottenere - e serbare
nel tempo - la dimostrazione migliore possibile della trama vascolare
linfatica superficiale.
Si è cercato in questi casi di mantenere, anche nel preparato
disseccato, la forma e il volume normali dell'arto. Ciò
è stato ottenuto in primo luogo asportando la totalità
delle masse muscolari che sono massimamente responsabili delle
deformazioni. Lo scheletro è stato a volte conservato nella
sua intierezza oppure solo per alcune parti. Altre volte l'arto
è stato totalmente svuotato, non restando che la sottile
lamina dei piani superficiali con i linfatici iniettati sempre
con mercurio metallico. La forma e il volume normale dell'arto
sono stati, in alcuni pezzi, ricostruiti e modellati, con risultati
in qualche caso eccezionali, sostituendo le parti molli asportate
con canapa grezza. In altri pezzi l'arto è rimasto totalmente
svuotato, consentendo così la visione dell'esile trama
linfatica nella sottile lamina dei piani superficiali, per trasparenza
o per transilluminazione.
Nel complesso dunque l'esame approfondito dei preparati mascagnani,
arricchito anche dall'indagine radiologica, riserva acquisizioni
e rilievi di straordinario interesse. Cosicché questa collezione
preziosa si caratterizza, oltreché per l'inestimabile valore
storico e scientifico, anche come rara testimonianza di tecnica
preparatoria e dissettoria.
Pubblicato in: La Scienza Illuminata
Paolo Mascagni nel suo tempo (1755 - 1815). A cura di
Francesca Vannozzi. Nuova Immagine Editrice, Siena 1996.
|